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Il particolare

Italia e Spagna, benzina in aumento ma c’è una differenza: le accise

All’Elba manca la benzina, non può e non deve diventare il “tormentone” dell’Estate 2020

Da Enzo Sossi

Come tanti longonesi in questi giorni sono andato a fare il pieno di benzina, con grande stupore, il prezzo della verde era a 2,19 euro il litro. Ci voleva il costo della benzina alle stelle per renderci conto che siamo in guerra. Parlando con degli amici che vivono in Spagna, a Valencia, ci sentiamo per facebook, anche loro si lamentano che ora la pagano a 1,39 euro il litro. Comunque 0,80 centesimi in meno che da noi. Mi dicevano che gli spagnoli sono molto arrabbiati con il loro governo per questo aumento che di conseguenza avrebbe causato una maggiore inflazione, con peggiori condizioni di vita dei cittadini, dove tutto stava aumentando tranne gli stipendi.
Il responsabile di questa differenza tra l’Italia e la Spagna del costo del carburante sono le accise: le imposte presenti su tutti i derivati dal petrolio come benzina, gasolio, gpl ed oli lubrificanti, che vanno ad incidere direttamente sul loro costo, anzi il costo che paghiamo al distributore è determinato per la metà proprio dalle accise. Come siamo arrivati a pagare tanto? L’introduzione delle accise è una manovra utilizzata dai governi dagli anni ’30 ad oggi, per reperire denaro in tempi rapidi a seguito di improvvise calamità o emergenze. Il principio è quello di prelevare un piccolissimo contributo – solo come esempio per il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936 paghiamo una accisa di €. 0,000981 – in modo costante. Applicare le accise sui carburanti ha permesso di affrontare guerre, catastrofi naturali e non solo. Il principio è stato – ed è – così efficace che, nel corso dei decenni, abbiamo visto aggiungere di volta in volta una accisa. Ciò ha di conseguenza fatto crescere il prezzo dei carburanti in modo costante, determinando di conseguenza che in Italia è il più alto in Europa. Le accise che paghiamo sono: per il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936, per la crisi di Suez del 1956, per la ricostruzione del disastro del Vajont del 1963, per la ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966, per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968, per la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976, per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996, per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004, per l’acquisto degli autobus ecologici del 2005, per fare fronte al terremoto dell’Aquila del 2009, per il finanziamento alla cultura del 2011, per fare fronte all’arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011, per fare fronte all’alluvione che ha colpito la Liguria e Toscana del 2011, per il decreto “Salva Italia” del 2011, per la ricostruzione dopo il terremoto in Emilia del 2012. Speriamo di cavarcela!

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