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I testi e gli ipertesti di Danilo Alessi

Scritto da Vincenzo Vita

I testi e gli ipertesti di Danilo Alessi

L’altra riva del mare, l’ultimo sforzo letterario di Danilo Alessi, ha le sembianze di un ipertesto. Non è, infatti, solo un flusso narrativo con un unico baricentro. Convergono, invece, in uno scritto assai articolato e colto, elementi diversi: sintomi di un modello di scrittura multipla.

In questo c’è un rinvio semantico alle migliori serie televisive, dove i fili si ritrovano e si allontanano, formando un mosaico – quando riesce – coinvolgente.

Convivono, attorno alla scena principale rappresentata dall’intreccio amoroso tra Nilo e Mimosa, fascinazioni per la bellezza dell’isola d’Elba – il cuore pulsante della faccenda – e ricostruzioni storiche accuratissime. Il tutto in un contesto in cui i particolari diventano protagonisti, siano essi una torre o un orologio rotto in cima ad una Chiesa, un concerto di un trio d’archi o un vino pregiato in una tavola imbandita con i cibi locali.

Sullo sfondo l’orgoglio che solo i nativi di un’isola riescono ad avere, per di più del luogo magico che mozza il fiato quando l’aereo della tratta Roma-Milano passa sul Mar Tirreno, e in cui – peraltro- albergò Napoleone Bonaparte. Ei fu, com’è noto, la personalità più importante lungo diversi secoli e i sistemi politici, nonché i codici delle leggi, sono tuttora debitori dell’Imperatore sconfitto, ma mai davvero vinto. Napoleone è morto, ma il bonapartismo sta prevalendo nelle attuali tendenze autoritarie degli e negli assetti istituzionali.

E le origini corse ben si sposavano con le tradizioni elbane, visti pure i numerosi incroci fonetici. Nilo corre tra Roma e l’Elba, ma la Capitale non è scontato che sia così importante. L’isola è un centro, non una periferia.

La vicenda amorosa di Nilo e Mimosa fa pensare all’impianto di qualche film della commedia all’italiana. Anzi, Ettore Scola ne avrebbe tratto alimento per la sua poetica. Perché Nilo e Mimosa rappresentano il volto bello e soggettivamente coinvolto di due persone che stettero insieme, si separarono fino a ritrovarsi (casualmente?), ingaggiando, dopo un affascinante riconoscimento cullato dalle meraviglie dell’isola, un nuovo rapporto. Fino ad un finale un po’ sorprendente, che va gustato da lettrici e lettori senza disvelamenti frettolosi. Ogni romanzo è a suo modo un thriller.

Ma Nilo e Mimosa portano sulla loro pelle, per parafrasare McLuhan, il peso di vite impegnate e certamente non piccolo-borghesi. L’uno impegnatissimo nella vita pubblica: segreteria dell’allora vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Mussi, comunità montana, vice-sindaco, sindaco, appassionato dirigente politico. Lei fotoreporter coraggiosa, usa a frequentare territori difficili e pericolosi, dove trasmettere le immagini della realtà mette a rischio la vita. Una professione che descrive un’anima esploratrice e non solo un impegnativo mestiere. Fascino doppio, cui Nilo non è in grado di sottrarsi.

Dunque, persone compiute, dense di sfaccettature, capaci di ridere e di piangere. Assolutamente non banali, come non è banale l’arroventato caleidoscopio dei sensi che ne circonda il rapporto. E dove corrono senza soluzioni di continuità attimi di amore intenso e descrizioni analitiche di monumenti o di piatti sofisticati di locandieri complici e affettuosi. Sì, in questo c’è anche un po’ di Montalbano, nell’assegnare un peso determinante a colazioni, pranzi e cene: espedienti antichi del corteggiamento.

Si sente nella poetica di Alessi una robusta tradizione comunista italiana, fondata sul rigore degli studi classici, sul buon rapporto con preti e Chiesa, sul senso della responsabilità.

Mimosa starebbe bene in un ambiente impegnato di croniste e cronisti, capaci di rompere muri di silenzio e di omertà. Oggi la libertà di informazione è diventata quasi un lusso, che il prepotente capitalismo delle piattaforme non vuole tollerare.

Alessi non dimentica di essere parte dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, ricordando un evento straordinario quale fu il festival del cinema tenutosi nel 2011 grazie all’opera di Antonio Medici, anch’egli Garante dell’Aamod e direttore della Scuola intitolata a Gian Maria Volontè. Si ricorda pure una gioiosa festa nell’isola, cui parteciparono Paola Scarnati e il compianto Ansano Giannarelli.

Quante citazioni erudite, né retoriche, né narcisistiche. Alessi è un uomo davvero colto e sofisticato.

E poi, ultimo e non certo ultimo, il libro è molto ben scritto, si fa leggere con piacere ed è una fonte di conoscenze e di notizie. Un ipertesto, va ribadito, in quanto si connette a molteplici testi evocati esplicitamente o indirettamente.

Una chicca preziosa: il dialogo – Eco docet- con l’Autore. E sì, chi si cimenta nella creatività artistica si stacca da sé, si oggettivizza e si guarda da lontano. Si chiama straniamento, di cui Brecht fu il maestro ineguagliabile. Altrimenti, se no, le pagine diventano faticosi rispecchiamenti.

Danilo Alessi ci fornisce un notevole esempio di un genere oggi fortunato: l’autofiction, dove il confine tra il sé narrante e la Storia che incombe si annulla in una deliziosa e imperscrutabile linea d’ombra.

Complimenti sinceri ad un amico e compagno che ho avuto il piacere di conoscere e di frequentare, e che periodicamente ci regala delle pietre preziose. E con questo ci restituisce il senso profondo del romanzo che, quando raggiunge l’epifania, ci induce a fantasticare e a riempire il nostro impoverito immaginario.

Grazie per la fatica editoriale, non effimera e non fuggevole.

In un’epoca in cui assistiamo alla moda delle interviste rilegate o delle storielle improvvisate, salutiamo sua maestà il libro. Senza leggere si diventa sudditi, schiavi della dittatura dell’istantaneità.

L’altra riva del mare ci restituisce il tempo lento, quello analogico. Quello vero. Grazie di cuore.

PS. Purtroppo, non sono con voi fisicamente, a causa di problemi di salute. Tuttavia, è come se ci fossi.

Vincenzo Vita
Già senatore e sottosegretario alla Comunicazione, Presidente dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD. Fondazione)