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Carcere Porto Azzurro: islamici partecipano a Messa

Dal redazionale di ToscanaOggi una testimonianza contro la violenza

Carcere Porto Azzurro: islamici partecipano a Messa

Il sabato mattina, il cappellano don Francesco Guarguaglini celebra la Messa nel carcere di Porto Azzurro. La celebrazione è preparata con cura dai detenuti, sia nel servizio all’altare che nelle letture, nelle preghiere e nei canti.
Si respira aria di fraternità, di amicizia, di rispetto fra i partecipanti. E don Francesco riesce a toccare il cuore con parole semplici e profonde, che scaturiscono da una costante meditazione del Vangelo e da una vicinanza forte e continua ai fratelli reclusi, il suo “gregge” (come dice papa Francesco, il prete-pastore deve avere addosso l’odore delle pecore).
Il cristianesimo è uno stile, quello di Cristo: povero, mite, disponibile, servo, nonviolento, affamato e assetatto di giustizia. Per questo, il cristiano che segue Cristo è amabile e ciascuno (di qualunque convinzione religiosa o ideale) lo sente vicino.
E’ proprio nel solco del dialogo che si colloca il gesto di alcuni musulmani che hanno partecipato sabato 13 agosto alla Messa nel penitenziario elbano.
Una presenza discreta che ha sottolineato la loro solidarietà verso i cristiani che in questi ultimi tempi subiscono perecuzioni e violenze.
Così anche a Porto Azzurro, è stato accolto l’invito delle comunità islamiche francesi e italiane di partecipare alle celebrazioni cattoliche. Un gesto apprezzato dai vescovi dei due Paesi.
Dopo l’omelia, don Francesco ha dato la parola a un rappresentante degli islamici presenti: “Partecipiamo – ha esordito – per essere vicini a voi cristiani, vittime delle violenze di questo tempo. Gli autori delle violenze non sono veri musulmani. Il musulmano ama la pace, non fa male agli altri, vive, lavora e prega in tranquillità”. E’ stata ribadita la condanna del terrorismo che, in nome di Dio, infanga l’islam e alimenta l’odio fra uomini religiosi (ebrei, cristiani e musulmani) che hanno un padre comune, Abramo.
Ha poi aggiunto: “Ha ragione papa Francesco: le guerre non sono guerre di religione, ma guerre di interessi economici, di conquista e di potere”. Ha poi evidenziato una verità di fatto, sottolineata anche da don Francesco (che è stato missionario in un Paese africano con il 90% di islamici e il 10% di cristiani): “In tanti Paesi, musulmani e cristiani vivono insieme da secoli in modo pacifico. Si sposano fra loro, cooperano nel lavoro, vanno a scuola insieme, si ritrovano nei luoghi di svago, sport e divertimento”.
Queste parole sono state molto apprezzate, tanto da suscitare un applauso tanto spontaneo quanto sincero.
Terminata la Messa e prima di salutarci, a più voci è stato ribadito che la strada maestra è il dialogo, la conoscenza, la comprensione, l’accoglienza delle diversità. Anche religiose. Insieme, e pregando insieme, si può contribuire a contrastare la violenza. Prima di tutto dentro di sé, ciascuno vivendo in profondità la propria fede. Perchè al fondo di queste c’è la Pace: Salam, Shalom, Pace.