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Detenuti al lavoro a Pianosa: arriva il no di Realacci

Il presidente della commissione Ambiente boccia l'accordo fra ministero e Regione: "Rischia di compromettere il delicato equilibro dell'isola". Favorevole la capogruppo di Centro Democratico in Consiglio regionale

Detenuti al lavoro a Pianosa: arriva il no di Realacci

L’accordo su Pianosa piace a tanti ma non a Ermete Realacci. E non è una sorpresa. “Il drammatico sovraffollamento delle nostre carceri – premette il deputato  Pd, presidente della commissione Ambiente della Camera – una questione scottante che va affrontata con urgenza. Ma l’intesa siglata nei giorni scorsi tra regione Toscana e ministero della Giustizia per il contenimento del sovraffollamento carcerario in regione e che vorrebbe riportare tra gli 80 e i 100 detenuti, oltre agli agenti di custodia e alle relative famiglie, sull’Isola di Pianosa rischia di non di risolvere il problema sovraffollamento e di compromettere sia il delicato e prezioso ecosistema dell’Isola, parte integrante del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, che la vocazione al turismo ambientale individuata per l’Isola stessa da Ente Parco e Regione. Per sapere se le notizie apparse sulla stampa in questi giorni circa l’accordo corrispondano al vero e se le presenze preventivate dall’accordo stesso siano compatibili con gli atti di pianificazione previsti per Pianosa, ho presentato un’interrogazione ai ministri della Giustizia e dell’Ambiente”.

Realacci preannuncia che il deposito di una interrogazione al ministro. “Dopo la chiusura del carcere di massima sicurezza – ricorda Realacci – disposta per l’inadeguatezze della struttura e per i suoi alti costi, l’Isola è stata inserita nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e da allora si è cominciato a riconvertirne l’utilizzo verso la tutela ambientale e il turismo sostenibile. E nel 2010 la Regione ha approvato il “Piano del Parco” che sancisce e regolamenta per Pianosa le forme di utilizzo stabilendo, tra l’altro, che per preservarne l’ecosistema e’ fissato a 250 il numero massimo di visitatori giornalieri. Ai ministri interrogati chiedo quindi se non ritengano che una presenza di circa 100 detenuti, più gli agenti di custodia necessari, non configuri una effettiva riapertura del carcere di Pianosa, se sia stata fatta una valutazione economica di quanto costerebbe allo stato una simile riapertura, se non si ritiene utile coinvolgere nel predetto progetto di fruizione dell’isola di Pianosa il ministero dell’Ambiente e l’Ente Parco”.

L’intesa piace invece alla capogruppo del Centro democratico in Consiglio regionale Maria Luisa Chincarini: “Il Protocollo d’intesa siglato martedì scorso tra Regione Toscana e ministero dell’Interno è una tappa fondamentale per alleggerire il sovraffollamento che affoga le carceri della nostra regione e, ne sono convinta, in particolare può rappresentare un’occasione di sviluppo eccezionale per l’isola di Pianosa”.

“Del resto – aggiunge – lo scrivevo già alcuni mesi fa, quando ho soggiornato per un breve periodo sull’isola, suscitando l’ira e gli strali di tutti quei “signor no” che anche oggi non vedono di buon occhio l’accordo siglato tra Rossi e Cancellieri. Era la fine di agosto e scrivevo, cito testualmente: ‘L’aumento della popolazione carceraria sull’isola potrebbe enormemente contribuire al ripristino e alla tutela delle meraviglie dell’isola, delle strutture carcerarie fatiscenti che cadono in malora e sostenere l’attività del Parco, pulendo il sottobosco, curando la fauna e trasformando finalmente l’isola da diamante impolverato a un gioiello da preservare e mostrare con orgoglio’. Oggi questo auspicio sembra divenire realtà e, grazie all’impegno del nostro governatore e del ministro, sarà possibile avviare di nuovo un ciclo virtuoso per valorizzare il patrimonio dell’isola e addirittura creare un modello d’integrazione tra carcere e territorio da esportare anche in altre comunità”. “Gli obiettivi del Protocollo – conclude – possono rendere Pianosa un modello di detenzione, formazione, reinserimento e accoglienza turistica esportabile nel resto del Paese. Pianosa può divenire un esempio su scala nazionale di come sia possibile coniugare la detenzione alla tutela dell’ambiente e a una moderna offerta turistica. Le condizioni dell’isola, oggi, infatti, non sono delle migliori, checché ne dicano i Soloni eternamente schierati in difesa dello status quo: zecche e ratti neri sono gli abitanti di gran lunga più presenti, la balneazione è consentita soltanto nella spiaggia di Santa Giovanna, la colonia agrigola vive in stato di semiabbandono, il Parco risulta praticamente inaccessibile e ben poco fruibile ai pochi turisti che raggiungono l’isola e che, giustamente, versano otto euro per visitarla. Negli anni ho avuto l’occasione di visitare numerosi parchi di altre nazioni europee, che hanno un cuore anche più verde del nostro, e non li ho mai trovati ispirati a questa impostazione iperconservativa. Certo, tutelare un luogo incontaminato come Pianosa è un dovere, ma provvedere alla sua cura e offrire un seppur limitata e controllata possibilità di viverla a pieno è un diritto che non può essere sottratto ai cittadini. Addirittura, il Parco fissa per i residenti la possibilità di ospitare non più di quattro persone alla volta, un’evidente lesione delle libertà individuali sancite dalla nostra Costituzione. Questo atteggiamento comporta un danno pesantissimo per tutta la comunità che non può godere del suo patrimonio naturale. Che cosa ci sarebbe di male se nel porto romano o in altre cale dell’isola venisse ammesso un numero contingentato di bagnati che potessero, seguendo norme e regole precise, avere il grande piacere di godere di questi posti, magari grazie all’impegno, al lavoro e al controllo dei nuovi detenuti che saranno ospitati a Pianosa? Credo che coniugare il pieno utilizzo del carcere con la tutela dell’isola, come prevede il Protocollo ministero-Regione, sarà il modo migliore per ridare di nuovo vita a questo paradiso, a questo gioiello impolverato e tenuto chiuso in un cassetto: riportare all’antica attività la colonia agricola e sviluppare il lavoro della cooperativa rappresenterà, da un lato, il modo migliore per restituire dignità ad alcune persone e per insegnare loro un lavoro per reinserirsi nella comunità e, dall’altra, potenziare l’offerta turistica e ricettiva dell’isola, nel rispetto dell’unicità ambientale di questo patrimonio naturale”.