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L’adunanza della magistratura civica di Portoferraio nel 1816

L’atto finale di una serie di leggi e decreti granducali che accompagnano la restaurazione del Granducato all’Elba dopo la caduta di Napoleone e il congresso di Vienna

L'adunanza della magistratura civica di Portoferraio nel 1816

L’adunanza della Magistratura Civica di Portoferraio del 2 gennaio 1816 è importante perché dà l’avvio alla nuova amministrazione granducale con l’insediamento del Consiglio Generale Gonfaloniere, Priori, Consiglieri): il primo nuovo Gonfaloniere è Vincenzo Vantini. Essa rappresenta l’atto finale di una serie di leggi e decreti granducali che accompagnano la restaurazione dell’amministrazione granducale all’Elba e che riempiono il periodo subito dopo la caduta di Napoleone e il congresso di Vienna. E’ infatti con decreto 27 agosto 1815 che il conte Agostino Fantoni è nominato da Ferdinando III,Asburgo-Lorena,granduca di Toscana, commissario straordinario per gli affari riguardanti l’intero principato di Piombino e per l’Elba con ampi poteri ; e’con decreto del 3 settembre 1815 che l’Elba è proclamata parte integrante del territorio del granducato di Toscana; è con editto granducale che viene emanato il 17 ottobre 1815 il “regolamento particolare per l’Elba” il quale stabilisce il sistema amministrativo dell’isola d’Elba azzerando tutte le cariche amministrative pubbliche esistenti e perciò rappresenta l’atto ufficiale della fine del’amministrazione napoleonica e la restaurazione dell’amministrazione granducale. In questa prima adunanza del 2 gennaio 1816 si compiono atti amministrati che poi saranno ripetuti in ogni altra successiva adunanza seguendo i regolamenti generali per le magistrature comunitative vigenti nel granducato. Questi vigenti regolamenti generali sono quelli operanti dal primo marzo 1782 emanati da Pietro Leopoldo e tuttora,nel gennaio del 1816,validi e perciò restaurati su tutto il territorio elbano :saranno riveduti poco tempo dopo da Ferdinando III con la legge del 16 settembre 1816. I regolamenti generali per le comunità sono precisi e puntuali nel regolamentare l’amministrazione pubblica. Rappresentano per il Granducato di Toscana un aspetto di rinnovamento nell’amministrazione delle comunità locali e lo pongono tra gli stati che all’epoca sono all’avanguardia nel buon governo. Tratterò di questi regolamenti per gli aspetti più significativi. Prevedono il sistema della imborsazione di cui ho già parlato,come sistema alla base della scelta degli amministratori locali in ogni singola comunità,comune riconosciuto tale. Come previsto nel regolamento particolare,all’Elba sono riconosciute quattro comunità: Portoferraio,Longone,Marciana,Rio. Le borse formate ad opera del cancelliere aventi dentro le polizze,cedole con i nomi che hanno diritto per censo e tasse pagate ad essere estratti,vengono conservate nel’uffizio del cancelliere in cassette distinte con due chiavi di cui una è conservata dal cancelliere e l’altra dal Gonfaloniere. Il numero dei “residenti” nella Magistratura Civica per quanto riguarda l’Elba è normato dal “regolamento particolare per l’Elba” e comunque prevede per le quattro riconosciute comunità un Gonfalonierie con quattro Priori e alcuni Consiglieri variamente rappresentati quando la comunità è costituita da più “comunelli”. Al magistrato civico si associano poi i Consiglieri e tutti insieme vanno a formare il Pubblico Consiglio Generale. L’estrazione dalle borse deve avvenire con cadenza annuale per il rinnovo delle cariche:per il residente nel Magistrato era divieto di rinnovo per un anno, per tre anni a chi risiede nel Consiglio. Il limite minimo di età per “risiedere” nella Magistratura è fissato in trenta anni: è perciò necessario che sia notificata al Cancelliere “la fede di nascita”. Tale limite di età sarà spostato a venticinque anni con la legge del settembre 1816. Le donne come gli enti morali laici e religiosi potevano essere” imborsati” ma non potevano sedere nelle cariche comunitative:se estratti,dovevano indicare un nome di un loro sostituto naturalmente in possesso dei requisiti censuali richiesti. Colui che estratto si rifiutava di ricoprire la carica doveva pagare cento lire a “titolo di tassa di rifiuto”. Le adunanze chiamate “Adunanze Magistrali” avvenivano con comunicazione agli interessati tramite il Donzello. Era il Cancelliere, addetto alla verbalizzazione della seduta, che dirigeva i lavori. Lui apriva la seduta, che in genere è fissata nella mattina, annotando il numero di adunanza, il giorno e l’ora di convocazione. Di concerto col Gonfaloniere,metteva all’ordine del giorno le materie e gli affari da trattare, faceva “osservare rispetto ai posti l’Ordine di estrazione, dovendo tutti risedere in lucco nero senza distinzione alcuna”, dichiarava legale l’adunanza se i presenti erano in sufficiente numero legale e cioè per i due terzi almeno del numero totale dei residenti nel Magistrato.

Verbalizzava, per chi assente non giustificato, la “penale dell’appuntatura” da devolvere alle casse comunitative. Introdotta con la riforma leopoldina delle comunità locali nel marzo del 1782, questa penale era chiamata “dell’appuntatura” perché i nomi degli assenti,senza giustificazione di un legittimo impedimento, venivano appuntati,scritti su un particolare registro cui poi faceva seguito una intimazione a pagare tutti gli eventuali danni che venissero alla comunità per l’assenza: colui che mancava all’adunanza doveva perciò pagare non solo la tassa per l’assenza alla seduta, pari a lire quattro da devolvere alla casse comunitative, ma anche le spese per l’intimazione. Un po’ dunque come la”tassa di rifiuto” per chi rinunciava alla carica dopo estrazione dalla borsa.La “penale dell’appuntatura” trovava la sua motivazione nel fatto che se l’adunanza veniva annullata perché l’assenza non faceva raggiungere il numero legale ogni membro assente rimaneva passibile di addebito per il pagamento di una cifra a titolo d’indennizzo per ogni danno o spesa conseguente alla mancata delibera. Frequentemente il cancelliere proponeva l’assoluzione dalla penale dell’appuntatura.

Ecco un esempio di come avveniva “Adunanza 30 gennaio 1816…. Proposta l’assoluzione del Priore Sig. Paolo Rutigni dalla Penale dell’Appuntatura nella quale è incorso per non essere intervenuto alla presente Adunanza, e raccolto il Partito la detta assoluzione ebbe luogo per voti quattro tutti favorevoli” (Partiti dal 22 dicembre 1815 al 27 dicembre 1817.24 (E6). Carta 21.ASCP). Con la legge di riforma della magistratura civica del settembre 1816, fu normata ancora una volta l’entità della multa ma fu eliminata la facoltà da parte della Magistratura Civica di assolvere dalla penale dell’appuntatura “Paragrafo LIII. Chiunque invitato non si presenti all’Adunanza senza giustificare la sua vera impotenza se sarà Priore incorrerà nella penale di lire dieci e se Consigliere di lire cinque per ciascheduna mancanza da applicarsi a beneficio della Comunità. Paragrafo. LIV. E’ vietato alle Magistrature di assolevre chiunque dalle Penali coma sopraprescritte” (legge 16 settembre 1816)(Circolari ed ordini dal Soprassindaco Provveditore dal 1815 al 1817.C 64.Carta 37bis.ASCP). La “tassa di rifiuto” rimase invece normata dalla riforma leopoldina del 1782. Erano queste multe, la “penale dell’appuntatura” e la “tassa di rifiuto”, molto applicate.

La prima tassa di rifiuto nel restaurato governo granducale a Portoferraio riguarda il dr. Cristino Lapi che era stato estratto priore durante il primo atto amministrativo del restaurato governo,avvenuto il 22 dicembre 1815,e aveva rifiutato la carica.

Il dr. Cristino Lapi è personaggio fortemente coinvolto con l’amministrazione di Napoleone dal quale fu incaricato del comando militare dell’Elba, col grado di generale di brigata, nel momento in cui fuggì dall’isola. Assolto dalla magistratura dal pagare la pena, tale assoluzione fu confermata dall’autorità superiore: ciò è evidente manifestazione di benevolenza del restaurato governo granducale nei confronti di coloro che erano stati coinvolti nel governo napoleonico.

Ecco come l’autorità superiore che è l’Uffizio Fossi di Pisa,nella persona del Soprassindaco Provveditore, tratta la richiesta di assoluzione dalla pena con circolare inviata al cancelliere di Portoferraio”Circolare 449.Ecc.mo Sig.re. Mi affretto a VS Ecc.ma che con lettera del Sig. Senator Soprassindaco di 15 corrente mi viene annunziato che con veneratissimo Rescritto di 10 detto è stata approvata la Deliberazione di codesta Magistratura del dì 21 Marzo scorso concernente l’assoluzione della penale di lire cento incorsa dal Sig. Cristino Lapi per non aver accettato nel termine assegnatoli l’ufficio di Priore nella Magistratura di Portoferraio per il corrente anno 1816.
In conseguenza di tal graziosa Sovrana Risoluzione VS Ecc.ma si compiacerà di prevenire la prefata Magistratura all’effetto che resti depennato il Sig Lapi dal Dazzaiolo Comunitativo come Debitore della predetta multa .Con la solita stima mi confermo .Di VS Ecc.ma. Pisa Dal Regio Uffizio dei Fossi.Lì 17 Aprile 1816. Devotissimo Servitore. F. Dal Borgo (Circolari e corrispondenza con Uffizio Fossi di Pisa dal 1985 al 1817.C60.Carta 38. ASCP).

Questa penale ebbe anche dubbi per quanto riguarda alcuni aspetti della sua applicazione. Uno di questi fu se chi fosse stato “appuntato” dovesse perdere anche la “propina” e cioè il denaro che la legge concedeva a coloro che erano residenti nella magistratura civica. Così il Soprassindaco dell’Uffizio Generale delle Comunità scrive al Cancelliere di Portoferraio nella circolare n. 321 del 1818 “E’ stato fatto presente a Sua Altezza Imperiale e Reale il dubbio insortò se il Residente non intervenuto all’Adunanza Magistrale senza giustificare un legittimo impedimento sia tenuto non solo a pagare la penale prescritta dalla Legge del dì16 settembre 1816. ma perda ancora la propina in ordine alle disposizioni dei Regolamenti ed Istruzioni generali’.
E la prefata I. e R.A.S. in risoluzione di un tal dubbio con veneratissimo Rescritto in data del 21 Aprile corrente si è degnata approvare,che sia fatto intendere alle Magistrature Comunitative ,che i Residenti i quali invitati non si presentano alla Adunanze debbano per ciascheduna mancanza incorrere soltanto nella penale ,ai termini della prenominata Legge del 16 settembre 1816,senza che debba aver luogo ritenzione alcuna sopra la somma assegnata ai Residenti istessi dal paragrafo 16 della detta Legge a titolo di rimborso di spese vive.
Partecipo a VS la sopraespressa Sovrana Risoluzione ,affinchè la renda nota ai Magistrati delle Comunità comprese nel Circondario di codesta Cancelleria,ed a chi latri occorre per regola,e per l’adempimento.
Di VS
Dall’Uffizio Generale delle Comunità del Gran-Ducato, 25 Aprile 1818, Devotissimo Servitore, G. Brancadori, Soprassindaco” (Corrispondenza e ordini dal Soprassindaco Provveditore.C64.Carta 129. ASCP). Nelle deliberazioni, chiamate “partiti”, che avvengono alla fine di una discussione su un determinato affare, i componenti il Corpo del Magistrato (Gonfaloniere e Priori) quanto i componenti il Consiglio Generale(Consiglieri) avevano tutti indistintamente voto eguale fra loro e assai spesso si trova che a votare erano solo i componenti il Corpo del Magistrato essendo stati i consiglieri congedati.

Gli affari, le materie trattate erano le più disparate da suppliche ed istanze di semplici cittadini, che avevano in questo modo la possibilità di rivolgersi direttamente alla Magistratura, a biglietti, circolari e ministeriali degli organi superiori arrivati al Cancelliere e da questo portati all’odg. dell’adunanza. Ogni risoluzione o deliberazione, “partito”, era ottenuto a maggioranza, quasi sempre con voto palese, talvolta segreto.

Ogni “partito” preso era poi dal Cancelliere sottoposto al vaglio dell’autorità superiore per la definitiva approvazione: per l’Elba l’autorità superiore era rappresentata dall’Uffizio Fossi di Pisa,nella persona del Soprassindaco Provveditore.

ASCP. Archivio storico comune Portoferraio