LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Dall’incidente alla speranza, il “miracolo” di Mario

Ha 35 anni e un anno fa in un drammatico incidente sul lavoro a Forte Inglese rischiò di perdere un piede. Oggi ci racconta la sua lunga odissea sanitaria: “Non ci credevano neanche i medici. Grazie a chi mi ha aiutato”

Dall'incidente alla speranza, il "miracolo" di Mario

Un anno intero, ed il calvario per cercare di tornare alla normalità non è ancora finito. La storia è cominciata esattamente un anno fa, il 10 luglio 2012. Quel giorno un grave incidente sul lavoro aveva scosso l’opinione pubblica: un giovane operaio di 35 anni, Mario Favaroni, di Porto Azzurro, impegnato in un cantiere nella zona di Forte Inglese, stava lavorando con la betoniera di un bobcat quando era scivolato con un piede all’interno del macchinario. La situazione era apparsa subito grave ai primi soccorritori: l’arto era stato letteralmente stritolato dalla betoniera, tanto che dopo i primi soccorsi Mario fu trasferito all’ospedale di Livorno, dove i medici tentarono di salvargli la gamba. Mario è un ragazzo pieno di vita, impegnato nella protezione civile,  sportivo di buon livello soprattutto nel  canottaggio  e nei  rally, e ci tiene a raccontarci la sua storia.

“L’11 luglio 2012 entro a Livorno in ospedale – ci racconta Mario a un anno di distanza – e i medici fanno il primo intervento per cercare di ri-attaccare il piede: di questo si trattava, il rischio di perderlo era davvero molto alto. L’intervento però era riuscito, dopo di che il primario di ortopedia Antonio Augusti decise di istallarmi la ‘vac terapy’, una nuova metodologia per la ricostruzione delle cellule. Il calvario vero, paradossalmente, comincia da qui: un fissatore esterno per tenere insieme l’arto, la vac terapy che dura ben 8 mesi. E poi la decisione di trasferirmi a Pisa nel reparto di chirurgia plastica del Santa Chiara per fare un innesto di lembo per coprire la tibia, perché purtroppo dopo 8 mesi di vac terapy era sempre esposta. Il dottor Fulvio Lorenzetti, chirurgo plastico, decise a questo punto di tentare la copertura della tibia con l’innesto di un altro muscolo , ma l’operazione non andò a buon fine. Allora, dopo altri 30 giorni, tornai ancora una volta in sala operatoria, ma questa volta per il trapianto di un muscolo: il dottor Lorenzetti decise di utilizzare il gran dorsale, un intervento molto complesso e lungo 13 ore,ma con esito positivo. Stavolta le risposte all’intervento sono buone”.

Il resto è cronaca di poche settimane fa. “Rimango a Pisa per ulteriori accertamenti per circa 45 giorni – prosegue il racconto di Mario Favaroni – dopo di che vengo trasferito nuovamente a Livorno in Ortopedia, dove Antonio Augusti e la sua equipe medica decidono di tornare in sala operatoria : questa volta si tratta di un trapianto di tibia preso dalla banca dell’osso . Fatti gli accertamenti pre – operatori e deciso il giorno – il 26 giugno 2013 – vado incontro all’ennesimo intervento , ma stavolta, dopo 7 ore, esco gessato e senza il fissatore esterno che mi sono portato dietro per un anno. Augusti dice: intervento riuscito! E’ stato difficile e complesso, gli ortopedici di Livorno hanno lavorato assieme ai chirurghi plastici di Pisa visto che si trattava di un trapianto in micro chirurgia”. Mario torna finalmente a casa, con “soltanto” una gamba ingessata e la speranza di vedere finalmente le cose evolversi positivamente in un decorso “normale”.
Il lieto fine però ancora non c’è: tornato a Livorno ieri per un controllo, Mario Favaroni è stato nuovamente ricoverato per precauzione, c’è un rischio di infezione.”Ormai ho fatto l’abitudine agli imprevisti – ci dice serenamente, nonostante tutto – io credo comunque che il mio caso sia stato un vero miracolo: anche i medici stessi non ci credevano, e il primo ringraziamento che voglio fare è proprio a loro tutto lo staff di Livorno e Pisa che mi ha letteralmente ridato la vita. Ma non dimentico voi di Tele Elba e Tenews che mi siete stati vicini, la mia famiglia che con me sta ancora condividendo questo momento difficile e duro che non è ancora finito, e poi i miei amici e tutte le persone che mi vogliono bene” .

Che dire, se non “in bocca al lupo, Mario!”… Se hai avuto tutta questa pazienza tu, noi faremo altrettanto. Aspettiamo quindi di poter raccontare il lieto fine di questa storia, magari documentandolo con una foto o con un filmato che ti mostri camminare senza stampelle, pronto a brindare a questa scommessa finalmente vinta.