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MONTANELLI ERA UN GRANDE COSI’ COM’ERA

RICORDIAMOLO, QUINDI, MA SENZA INTERPRETARLO SECONDO LE NOSTRE CONVINZIONI

Ha proprio ragione il Meoni: Montanelli era una firma di prim’ordine, un giornalista insuperabile per bravura e per carisma: nessuno, come lui, riusciva a catalizzare la massa dei lettori. Possiamo senz’altro dire che era un grande, grande nei pregi, ma anche nei difetti, e come tutte le persone dotate di una spiccata personalità, quando è scomparso ha lasciato un vuoto incolmabile tra noi. Detto questo, però, cerchiamo di non mitizzarlo più di quanto lui, da toscano verace, sarebbe riuscito a sopportare e soprattutto evitiamo di interpretare gli accadimenti della sua vita in modo che tutto contribuisca alla sua massima esaltazione ed alla gogna dei suoi avversari. La vita degli uomini non è mai così univoca e coerente come, talvolta, dopo la loro morte, saremmo portati a lasciar credere; e questo vale tanto per i piccoli, quanto per i grandi uomini. Montanelli era un democratico, ma decisamente di destra, al limite del reazionario, tanto da opporsi fieramente a tutte modernizzazioni del primo centrosinistra (quello serio). Così quando il “Corriere” della Crespi, sotto la direzione di Piero Ottone, cominciò a seguire la temuta deriva sessantottina, il conservatore Indro, cominciò a dare segni evidenti di disagio. Il primo risultato di questa sua insofferenza fu la lettera di licenziamento consegnatagli di lì a poco, dal suo direttore. Fu allora che con un gruppo di intellettuali e di colleghi, usciti insieme con lui dal Carriere, fondò” il Giornale”, una specie di ultima trincea da cui respingere gli attacchi di quella sinistra che considerava dilagante. A questo punto si scatenò il “due giugno”: Montanelli fu sottoposto ad un tale linciaggio morale da farlo diventare il principale bersaglio delle Brigate Rosse. Il miglior complimento che gli fece Fortebraggio (corsivista dell’Unità) fu: “ “pennivendolo” .E quando fu gambizzato, il suo Corriere non dette neanche la notizia. Iniziò, quindi, la sua partnership con il Berlusc (oni o hino, secondo i punti di vista) che si concluse quando il Nostro, temendo, di finire strumentalizzato nell’agone elettorale, manifestò pubblicamente la propria contrarietà alla discesa in campo del Cavaliere. Si determinò, così, uno stridente contrasto tra direzione e proprietà de “Il Giornale”, che fu platealmente rilevata da un editoriale di Emilio Fede. Montanelli, decise allora, com’era logico aspettarsi, di rimettere il suo incarico nelle mani di Berlusconi che, nonostante le evidenti divergenze, gli confermò la sua fiducia. Ma il direttore fu irremovibile nella sua decisione e fondò” La Voce”.
Montanelli fu un uomo difficile, spigoloso, imprevedibile, impossibile da condizionare, ma, per favore, non divulghiamo la favola del giornalista schierato sempre con i perdenti, perché non corrisponde al vero, tant’è che ogni volta, magari “turandosi il naso” votava per i partiti di governo.
Cordialmente
Lelio Giannoni