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No al debito pubblico, ma quarantena ai privilegiati

Di Pino Coluccia

No al debito pubblico, ma quarantena ai privilegiati

Il Debito Pubblico dovrà essere, secondo Draghi (riecheggiando la teoria di Keynes), lo strumento che tutti gli Stati (non certo il mercato, a dispetto dei teorici del liberismo economico) dovranno utilizzare per fronteggiare gli effetti catastrofici sulle economie, già di per se in crisi dal 2008, della crisi indotta ed aggravata dalla Pandemia del Covid-19. A quella economica sarà da aggiungere la ricostruzione dello stato sociale, quello della Sanità pubblica, della previdenza e dell’assistenza sociale, del disinquinamento e della salvaguardia del territorio.

Nella storia è sempre successo così: dalla crisi capitalistica del 1929, alla crisi dovuta alle distruzioni della seconda guerra mondiale fino alla recente crisi del capitalismo finanziario del 2008/9 è stato lo Stato, a dover intervenire per poter risolvere le catastrofi del sistema economico e sociale del capitalismo. Draghi aggiunge poi, e qui sta la novità importante da cogliere, che ormai siamo entrati in un ciclo economico nel quale la permanenza del Debito Pubblico nei bilanci degli Stati, chi più chi meno, sarà una condizione “cronica” , cioè insolvibile, non restituibile. Certo vi sarà il vantaggio per chi detiene la ricchezza finanziaria (banche, fondi, titoli vari) di vedersi garantita una enorme rendita finanziaria per gli Interessi che gli Stati dovranno “cronicamente” pagare, ma questo determinerà uno stress irrisolvibile sul conto economico.

Quindi semplificando, il Bilancio dello Stato avrà le entrate basate sulle solite e scontate tasse dirette ed indirette sui redditi (sempre più esigui) da lavoro (quasi nulle quelle sui redditi finanziari e sui grandi patrimoni) e sui consumi che, a causa anche della insostenibile evasione fiscale garantita a determinati ceti sociali (sostanzialmente per avere consenso e sostegno a questo sistema ingiusto), saranno di molto inferiori delle uscite, composte da spese per sostenere l’economia di “libero mercato”, cioè il profitto dei privati, spese per pagare gli interessi sul debito ai prestatori Privati ed infine spese per tutelare i diritti sociali dei cittadini e le condizioni ambientali salubri e sostenibili, dovute a questo enorme sforzo per mantenere in piedi un sistema economico e sociale ormai fallimentare e ingovernabile.

Domandiamoci a questo punto se questa nuova situazione sarà e fino a quando, sostenibile economicamente e socialmente? Cioè, si potrà continuare a garantire in egual misura privilegi di pochi ed i diritti di tutti, usando un debito pubblico che difficilmente a questo punto potrà essere estinto, proprio perché non potrà essere pagato da entrate sempre più esigue, provenienti da ceti sociali sempre più defraudati del reddito da lavoro e per la opposta resistenza dei ceti sociali possidenti e privilegiati, che detengono la gran parte della ricchezza sociale prodotta? Credo proprio di no. Draghi pensa ad un debito pubblico fuori controllo perché forse non vuole toccare proprio i “privilegiati”, le grandi rendite finanziarie e patrimoniali dei grandi e potenti del Capitalismo finanziario.

Questi Supersignori non pagano e non intendono pagare le tasse e vogliono premere sullo sfruttamento ed oppressione fiscale sui ceti popolari e sui redditi da lavoro e d’impresa. Il cambiamento quindi non sta nel perpetuare il debito pubblico, ma far pagare a chi, ieri e adesso, non paga. A noi, per sconfiggere il virus ci hanno “costretto” alla quarantena, altrettanto dovremo fare, se vogliamo far ripartire lo sviluppo, senza soccombere sotto il debito pubblico, mettendo in quarantena i privilegiati.

Pino Coluccia